La primavera, nelle nostre campagne sicule, è annunciata dall’avvento di tanti piccoli fiori che colorano e profumano i prati. Possiamo ammirare il bianco della rocchetta selvatica, il giallo della senapa e quello più deciso dell’acetosella, e prima ancora che spunti il fucsia della sulla, i bordi delle nostre strade si tingono dell’azzurro violaceo della borragine.
Sull’etimologia tante versioni: c’è chi la riconduce all’arabo abou “padre” e da rash “sudore”, ovvero “padre del sudore”, per via delle sue proprietà sudorifere ed espettoranti. Dall’arabo al latino borago, da borra, “tessuto di lana ruvida”, a causa della barbetta che avvolge i fusticini di tutta la pianta. Alcuni riportano l’etimo al celtico barrach, “uomo coraggioso”, per via dell’abitudine dei guerrieri celtici di bere il vino con la borragine prima di ogni battaglia, convinti che lo spirito della pianta infondesse coraggio.
Galeno scriveva: “Messa nel vino rallegra il cuore e consola l’animo. E’ diuretica, estingue la sete, rende allegri e dà coraggio, giova nei difetti e passioni di cuore, intendendo il cuore come centro delle emozioni. Apre le ostruzioni della milza, dissolve la malinconia, cura le tachicardie e le extrasistole di natura emotive. Riduce le infiammazioni epatiche. Giova nella tosse, nelle raucedine e nelle febbri.”
Della virtù di restituire coraggio a chi se ne nutre, ne parlava anche Bacone come rimedio per “combattere i fuligginosi vapori della polverosa malinconia”. Sempre in Inghilterra, nel 1600, John Evelyn scriveva che la borragine è una pianta “dalle virtù sconosciute per fare rivivere l’ipocondriaco e per ridare coraggio”. Ancora, il medico napoletano Giuseppe Donzelli, nel suo Teatro farmaceutico affermava che l’acqua di borragine “è appropriata al cuore perché lo rallegra e lo corrobora. Toglie le immaginazioni cattive, acuisce la memoria e la mente, e discaccia dal corpo tutti gli umori cattivi. E’ utile ai melanconici e frenetici”.
Le mille e una proprietà terapeutiche della borragine sono state apprezzate fin dai tempi antichi. Apuleio, tra gli altri, riteneva che il primo nome della borragine fu coragine, per indicare proprio i benefici che apportava al cuore. E tale significato, nonostante il tempo, permane ancora nel linguaggio dei fiori, in cui la pianta è accostata alla contentezza e alla serenità.
La borragine è da sempre considerata la pianta dai mille poteri e la farmacopea moderna l’ha analizzata con attenzione per scoprirne i principi attivi. Vediamone qualcuno. Nei suoi semi si è evidenziata una grande quantità di acidi grassi polinsaturi dotati di proprietà antinfiammatorie per i tessuti – interessante anche per la cura contro l’artrite reumatoide – e quella riequilibrante del sistema ormonale femminile e protettiva del sistema cardiovascolare. Il suo olio è un irrinunciabile alleato nelle affezioni della pelle con componente allergica, come eczemi, dermatosi e psoriasi. Per la presenza di fitoestrogeni, è utile alle donne in caso di irregolarità del ciclo, dolori mestruali, cisti ovariche e per ridurre i sintomi della sindrome premestruale e della menopausa. Agli uomini giova in caso di patologie cardiovascolari e la sua buona fonte di omega 6 ne fa una preziosa sentinella del colesterolo e della tensione arteriosa. Ultimo, ma non ultimo, ricordiamo il suo ampio impiego in cucina, nella preparazione di ricette buone, brave e belle.
Con tutte le informazioni che abbiamo acquisito, le nostre passeggiate non saranno più la stessa cosa, non potremo più ignorare i ciuffetti pelosi di fiorellini blu che contornano strade e sentieri di campagna. Da oggi, ci fermeremo per osservarli, raccoglierli e beneficiare delle fantastiche proprietà. Dietro i fusti spinosi della borragine si nasconde la pace dei sensi! Non buttate l’acqua di cottura perché, come scriveva l’antico e celebre Plinio: “Un decotto di borragine allontana la tristezza e dà gioia di vivere”.
Ludivine Louvet